La società senza famiglia
Attualità e Testimonianza con d.Giampietro 12/11/21

 

Dal Corriere del Veneto del 9 novembre 2021

La società senza famiglia

di Vittorio Filippi


Nel 1921, quando il treno del Milite Ignoto attraversò un Veneto da poco uscito dalla guerra, la regione era poco popolata (un milione e mezzo di abitanti in meno) mentre aveva invece famiglie molto «affollate», per così dire. Cioè famiglie grandi dove la presenza dei bambini era decisamente numerosa. Quasi la metà aveva sei componenti o più - il censimento di quell’anno comprendeva perfino famiglie con 16 membri - e le nascite superavano le 116 mila unità, più di tre volte il livello attuale. Certo, non si viveva molto a lungo: i centenari erano appena quattro, niente in confronto ai più di 1.300 centenari che vivono attualmente in Veneto. Tutto questo succedeva un secolo fa, e da allora i numeri della demografia e dei comportamenti sociali sottostanti si sono ampiamente rimescolati. Anzi, proprio rovesciati. Negli ultimi decenni la popolazione è ampiamente cresciuta, fino a sfiorare i cinque milioni, la vita si è allungata e le famiglie sono radicalmente dimagrite, tanto è vero che ormai su tre è fatta da persone sole. E poi quelle che chiamiamo famiglie sempre più spesso sono «diversamente famiglie», dalle alchimie affettive e relazionali molteplici e sovente transitorie. Ma soprattutto si sono rarefatti i bambini: molto rarefatti, se si pensa che dal 2008 ad oggi le nascite nel Nordest sono crollate di quasi un terzo. E nell’anno in corso, complice la pandemia, il Veneto corre con mediamente 70 nascite in meno al mese rispetto allo scorso anno.
Insomma lo stillicidio demografico continua e provoca un progressivo «rimpicciolimento» della regione, che si restringe a colpi di quasi 1.400 abitanti al mese: in pratica, in un anno è come se si cancellasse dalla carta geografica ed umana del Veneto una cittadina di 17 mila abitanti. In compenso se le nostre case si spopolano vi cresce la presenza animale, specie di cani e gatti: in Italia quasi quattro famiglie su dieci possiedono un animale d’affezione, mentre in Veneto si sale al 52 per cento, seconda regione italiana per presenza di animali domestici. Sarebbe da chiedersi se questo crescente amore per gli animali non abbia anche motivazioni psicologiche «compensative» dovute alla solitudine o ad una certa fatica nell’allacciare relazioni umane significative. Se la demografia veneta di un secolo fa era decisamente proletaria (alla lettera), oggi è divenuta «parentaria» (Rosina, Crisi demografica, 2021), in cui cioè per i giovani è vitale il sostegno di genitori e parenti vari. Ma rimanendo figli (a lungo) è improbo diventare poi genitori. Con tutto ciò che ne consegue.

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